mercoledì 24 novembre 2010

CIRO PICARIELLO VIGNERON DEL SUD

Una fredda sera di fine Novembre davanti ad un piatto di orata al forno decido di aprire insieme alla mia dolce metà una bottiglia di CIRO PICARIELLO FIANO 2008.




E' un po' che non bevevo il Fiano di Ciro, piccolo contadino di Summonte che un giorno ha deciso di lasciare il suo lavoro di geometra per dedicarsi a quella che forse è la cosa che gli viene meglio, coltivare e vinificare il fiano di Avellino.
Un'Uva forse sottovalutata in Italia ma che vi assicuro dà risultati sorprendenti, forse insieme ai Friulani e qualche Vino dell'Alto Adige capace anche di evolvere nel tempo.
Appena aperto e versato nel bicchiere (temperatura di 12 gradi, bassa per questo vino) rimango affascinato dal suo colore: verde oro, al naso all'inizio ha profumi floreali e di frutta esotica (banana), in bocca è decisamente intenso, è fresco e sapido, caldo, eleganza e piacevolezza con un finale lunghissimo.
Ha tutte le doti di un grande vino che nel futuro, secondo il mio parere, darà grandi sorprese.




Questa, la 2008, mi ha raccontato Ciro è una grande annata!
 Questo vino è prodotto con Fiano proveniente da Summonte e Montefredane, 50%-50% per la 2008, una percentuale che cambia a seconda dell'annata.
A fine cena (temperatura di 14 gradi) dopo circa due ore dall'apertura il vino è cambiato tanto: al naso oramai si sono aggiunti profumi erbacei (erba di campo), agrumi, una bellissima mineralità, che in bocca all'assaggio si fa sentire accompagnato da un bel finale di mandorla amara (tipica di questo vitigno).
Sicuramente un grande Fiano e un grande bianco dallo "stile italiano", il Fiano di Picariello (non filtrato) fa solo acciaio alla faccia di chi, come Ciro, ha un grande terroir e un grande vitgno e li nasconde in  barrique!




Possiamo solo ringraziare Ciro Picariello che è riuscito grazie al suo amore per la sua terra e la sua semplicità, ad ottenere uno dei migliori Vini Bianchi Italiani!

venerdì 12 novembre 2010

AURELIO DEL BONO - CASA CATERINA.... “tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano.....”.

La presenza della famiglia Del Bono a Monticelli Brusati è documentata nei registri notarili dell'abbazia olivetana di Rodengo Saiano fin dal XII secolo. I Del Bono sono sempre stati dei lavoratori della terra, mai “Signori”. I sacrifici e la fatica sono iscritti nei loro cromosomi. Sulla scommessa del vino di qualità oggi sono impegnati i due fratelli Aurelio ed Emilio, figli di Caterina, cui hanno dedicato l'azienda per i meriti conquistati sul campo e di Francesco che fino a poco tempo fa aiutava nel lavoro in Vigna ( purtroppo in occasione della mia visita Aurelio in pochi mesi ha perso la sua amatissima moglie e suo padre braccia e anima dell'azienda). Casa Caterina è una delle poche piccole aziende che può vantare la presenza globale di soli impianti allevati col sistema gujot e col cordone speronato. La collocazione geografica dei vigneti aziendali è eccellente: zone come Gaina, Colombaia e Persaga sono tra le più vocate di tutta la Franciacorta orientale. Grande esposizione, terre “forti”, pendenze notevoli. Scelta dei terreni e sistemi di allevamento sono quindi di alto livello. Le produzioni di Casa Caterina sono molto limitate (neanche 15.000 bottiglie), curate allo spasimo e il sistema produttivo è Biodinamico.




La cantina-casa di Aurelio si trova nella frazione Foina, parte alta di Monticelli Brusati, arrivo da lui verso le 10.00 di mattina dopo una breve presentazione mi invita subito a degustare un po' del suo spumante, mette in tavola CASA CATERINA CUVEE 60 MILLESIMATO 2004; CASA CATERINA BRUT CREMANT MILLESIMATO 1999; CASA CATERINA BRUT RESERVE MILLESIMATO 1997. Vedendo quelle annate mi sento un po' spiazzato perchè penso: “le cose sono due: o sto perdendo tempo e assaggierò dei vini stanchi o ho trovato il produttore che stavo cercando in Franciacorta!”.
Incomincio a degustare la Cuvee 60 (chardonnay 100%) si presenta con una spuma delicata e soffice, fine è il perlage, al naso è un'espolsione di profumi scorza di agrumi, crosta di pane, fiori secchi, minerale..... in bocca ha una buona struttura e sapidità e una grande persistenza con ottima coerenza gustolfattiva veramente un grande spumante sicuramente da godere su un bel piatto di cruditè di pesce.
Poi Aurelio mi versa il Cremant 1999 (100% chardonnay,cremant=saten, quindi ha un'atmosfera di pressione in meno rispetto ad uno spumante normale), i miei dubbi erano forti: la spuma alla vista è sempre soffice e voluminosa, il perlage fine e continuo (considerate è 1999) il colore e giallo oro intenso affascinate (tutto bene fino a qui) poi con timore avvicino il naso al bicchiere e rimango stupito: un'eleganza eccezionale, sentori di frutta candita, agrumi, frutta secca, mallo di noce e nocciola e la sempre presente nota minerale, in bocca è intenso, delicato, sapido, buona la struttura,
appena deglutito rimane una bellissima sensazione di frutta secca (noce-nocciola) che fa fatica a sparire, alzo la testa e Aurelio mi guarda con il classico sorrisetto del bambino birbante che sa di averla combinata grossa e mi chiede semplicemente: “com'è?” gli rispondo che non ho parole e che non so se questo è un grande spumante ma sicuramente mi ha emozionato....
Ma l'emozione piu forte l'ho avuta quando mi versa nel bicchiere il Casa Caterina reserve 1997 (86% pinot nero,14% chardonnay); spuma soffice perlage fine e continuo, colore oro antico, al naso è intenso, un fuoriclasse di complessità con profumi di frutta secca, tartufo, pietra focaia, gesso nessuna nota ossidativa (è un 1997) ma sicuramente un vino estremo da appassionati non la classica bolla franciacortina ruffiana e mielosa; in bocca le bollicine ti accarezzano la lingua e il palato, ancora viva la freschezza e una buona sapidità, molto intenso e veramente lungo sembra non finire mai.
Poi Aurelio si alza e mi dice “vieni che adesso ci divertiamo!”.
Mi porta nella sua cantina-garage e mi aspettano tre ore di assaggi, dalle basi per gli spumanti, tra le quali una base di pinot nero per creare un futuro rosè da un insolito colore rosa antico, fino ai bianchi tra i quali traminer, marsanne, e poi i rossi con rebo e...... un pinot nero secondo me fantastico, Aurelio guardando la mia faccia mi dà una pacca sulla spalla dicendomi in bresciano: “questo ce lo beviamo fra 20 anni!”. Mi spiega poi che secondo lui qui ci sono il clima e i terreni adatti per fare un grande rosso a base di Pinot nero.
Il tempo vola guardo l'ora sul cellulare, sono le tre di pomeriggio, accidenti abbiamo saltato anche il pranzo e neanche ce ne siamo accorti! A questo punto decidiamo di fermarci, almeno l'intenzione era quella, ma Aurelio vedendomi ancora in forma decide di aprire un bolla del 1988, come dire di no? Facciamo quest'ultimo sforzo!
Questa volta il vitigno cambia 100% pinot munier (il pinot del mugnaio per la forte presenza di pruina sostanza bianca presente sulla buccia degli acini, simile alla farina) uno spumante ancora vivo, colore giallo oro intenso, complesso ed estremo (non voglio annoiarvi ulteriormente sui sentori) in bocca è intenso e fine leggermente più caldo (alcolico) rispetto agli altri con struttura da vendere, il classico spumante che ti fa venire la voglia di sperimentarlo con una preparazione di carne rossa.
Sicuramente Aurelio è un tipo un po' fuori dalla norma ma sicuramente secondo il mio umile parere un grande produttore di spumante e una bravissima persona a cui piace fare il vino a modo suo e per questo si è tirato fuori dal Consorzio del Franciacorta. Un uomo che ama il suo territorio e che sta cercando di valorizzarlo, anche andando contro certe logiche e politiche edilizie, a costo, a volte, di attirare antipatie anche, e forse soprattutto, a livello locale, basti pensare che nessuna enoteca a Brescia vende i suoi vini.
Ormai si sono fatte le quattro e mezza di pomeriggio (senza mangiare nulla!) saluto Aurelio con la promessa di ritrovarci un giorno e fare una splendida cena con i suoi spumanti.

martedì 9 novembre 2010

ANDREA ARICI, IL RAGAZZO DAL DOSAGE ZERO

Una delle tappe del mio viaggio in Franciacorta è a Gussago, da Andrea Arici, produttore di Bollicine DOSAGE ZERO.
Come tutte le migliori aziende, anche quella di Andrea è difficilissima da trovare, specialmente se il navigatore decide di dare il peggio di sé, facendomi addirittura arrivare dentro il il cortile di una casa privata, per fortuna che non c'era nessuno!
Comunque sapevo che l'azienda si trova in zona la Stella a Gussago e ad un certo punto scorgendo l'indicazione per il Santuario Madonna della Stella mi butto su per quella strada, dopo circa un kilometro vedo il cartello dell'azienda di Andrea Arici.
Alcune persone sono intente a cogliere le olive, tra di loro un ragazzo si gira e mi fa un cenno con la mano, io rispondo al saluto e lui si avicina a grandi passi verso di me. È un ragazzo alto e magro, ad occhio ha la mia età, poco più di trent'anni. Arrivato davanti a me si presenta:" Piacere, Andrea Arici". Io fra me e me non ci credevo, mi ero fatto mille film su come poteva essere Andrea ma mai mi sarei immaginato di incontrare un ragazzo come me!
Comunque, finito lo stupore iniziale, mi presento anch'io e ci avviamo insieme dentro casa. Andrea decide infatti di sciogliere il ghiaccio davanti ad un calice di bollicine. 
La degustazione dei suoi vini si svolge in cucina, l'ambiente è riscaldato da una bellissima stufa di ghisa che arriva fino al soffitto e che troneggia in mezzo alla stanza. Il primo vino degustato FRANCIACORTA DOSAGE ZERO (la base). Ecco, se un produttore si giudica dal suo vino base, mi trovo davanti ad uno veramente in gamba, questa bollicina al naso è intensa, abbastanza complessa, oltre al sentore di agrumi e fiori bianchi spicca una bellissima mineralità. Al primo sorso mi colpisce una viva freschezza accompagnata da una decisa sapidità, una bolla veramente originale da accompagnare ad un piatto di crudità di pesce.......
Andrea intanto mi racconta un po' la sua storia: ex gicatore di rugby (meno male, magro come è non ce lo vedo proprio!), cresciuto in mezzo alle vigne insieme al padre, si è laureato alla scuola di enologia di Milano, la passione della sua vita è fare Bollicine ( si forse è meglio!).
Poi entriamo nella sua “cantina garage” e qui Andrea mi fa assaggiare alcune basi dei suoi spumanti, tra le quali anche quella di un futuro Blanc de Noirs (bollicina 100% pinot nero) che molto probabilmente uscirà in primavera (non vedo l'ora!). Una bellissima esperienza perchè assaggiare le basi di uno spumante non è come assaggiare un vino da botte, l'acidità è forte, i profumi varietali insomma hanno poco a che fare con un vino ma riescono in parte a dare un'idea della bollicina futura.
Andrea mi propone quindi di montare sulla sua jeep e fare un giro nelle sue vigne, come dire di no!




Incominciamo a salire sulla collina fino ad arrivare ad una vigna bellissima, a forma di anfiteatro, che si affaccia su Gussago. Qui Andrea mi spiega la composizione dei suoi terreni fatti in superfice di argilla e in profondità da rocce calcaree (ecco da dove deriva tutta quella mineralità!), continua dicendomi che in questa zona si fa vino gia dal 1200, quando i monaci coltivavano queste colline con ulivi e vigne (documentati da carte dell'epoca) solo negli anni sessanta, nel periodo del boom economico, molti contadini hanno abbandonato le vigne, sostituite velocemente da capannoni industriali e case, Andrea appena laureato decide di recuperare alcuni di quei terreni ormai ricoperti di bosco e frasche, una volta ripuliti con sorpresa riscopre delle terrazze fatte con muretti a secco, molto probabilmente opera dei monaci. Andrea svolge la maggior parte del lavoro da solo, con un impegno, fisico ed economico grande, rinunciando anche al suo sport, ma mentre mostra le sue vigne e mi fa strada tra i filari si capisce che nel rapporto con la sua terra è profondamente ricambiato :“Io sono cresciuto in mezzo alle vigne”. Mentre lo ascolto parlare con passione, la stessa che ho io per il vino, sono contento perchè ho la fortuna di aver conosciuto un mio coetaneo che sicuramente non è un “mammone” e come me si impegna per rivalutare la cultura del vino italiano attraverso il duro lavoro e un amore smisurato.
Andrea è un ragazzo di grande valore onesto e schietto proprio come i suoi spumanti senza dosaggio, il RAGAZZO DAL DOSAGE ZERO.








domenica 7 novembre 2010

CHIANTI CLASSICO ORMANNI RISERVA BORRO DEL DIAVOLO 2006 VS CHIANTI CLASSICO BUCCIARELLI RISERVA 2006 IN COMPAGNIA DI AMICI E BISTECCA FIORENTINA


Venerdì sera, prima di partire per la Franciacorta, invito alcuni amici a casa per gustare una splendida BISTECCA FIORENTINA di 2,150 kg abbinata a due grandissimi Chianti .
La sfida è tra Chianti Classico Ormanni Riserva Borro del Diavolo 2006 vs Chianti Classico Bucciarelli Riserva 2006, due stili e territori diversi.
Appena metto in tavola la spendida Bistecca, condita con sale pepe e un' ottimo olio nuovo, franto due giorni prima, delle colline di Cerreto Guidi (regalato dal mio caro amico Stefano), incominciamo a degustare in Vini. 


Il primo, Ormanni è completamente cambiato da quando l'ho degustato in cantina, da un vino di grande qualità ma un po' chiuso, ad un vino di un'eleganza eccezionale; al naso è intenso e complesso, con bellissime note di liquirizia, viola, marasca.... in bocca il tannino regge bene la bistecca, anche se a detta di tutti il Borro del Diavolo è un vino che accompagnerebbe magnificamente qualsiasi piatto nobile di cacciagione.


Il secondo vino è il Bucciarelli Riserva 2006 un vino che con la bistecca e l'olio nuovo, scusatemi il termine un po' esagerato, ci fa l'amore è una vera goduria! Un vino forse più rustico, con una grande struttura e 14,5 gradi alcool,  al naso  a mio umile giudizio meno complesso del Borro del Diavolo ma molto intenso e fruttato, in bocca il tannino è leggermente aggressivo ma del resto questo è il marchio del Bucciarelli, di gran corpo e caldo e come il Borro una lunghissima persistenza.
Per definire questi due grandi vini voglio citare il mio amico Michele che ha detto, mentre fumavamo un bel sigaro toscano (io Classico lui Originale) a fine cena:"L'Ormanni è stato come incontrare un membro di una famiglia nobile fiorentina del rinascimento. elegantissimo. Il Buciarelli è invece un signorotto di campagna, un pò burbero e diretto nei modi, ma spontaneo e deciso, che ti arriva diretto. E...' più difficile ma io, quasi quasi, mi sono appassionato più al secondo, anche se non c'è niente da dire dell'Ormanni - un gran signor vino."
La poesia è un dono che non tutti hanno! 



lunedì 1 novembre 2010

HALLO-WINE: DOLCETTO O SCHERZETTO? DOLCETTO D'ALBA O BAROLO?

Domenica 31 Ottobre, a Treggiaia, da Silvia Puccioni, io e il mio amico Sommelier, Stefano Menichetti ci siamo inventati una serata "HALLO-WINE: Dolcetto o Scherzetto?" Dolcetto d'Alba o Barolo?
Una serata molto conviviale, come piacciono a me, dove protagonisti sono stati i migliori Salumi della macelleria Falaschi di San Miniato e alcuni miei Vini (enoteca www.attoadivenire.com).
I vini in degustazione sono:
Prosecco di  Valdobbiadene Adami Bosco di Gica 2009 (Valdobbiadene-Treviso);
Dolcetto d'Alba Giuseppe Cortese Trifolera 2009 (Barbaresco);
Dolcetto d'Alba Schiavenza Vughera 2009 (Serralunga);
Dolcetto d'Alba Flavio Roddolo 2008 (Bricco Appiani-Monforte d'Alba); 
Barolo Brezza Castellero 2001 (Barolo);
Recioto della Valpolicella Begali Lorenzo 2006 (S. Pietro in Cariano-Verona);
Stefano, per arricchire la serata, ha portato un Vin Santo Occhio di Pernice Tenuta Colle Alberti (Cerreto Guidi).




La serata è piacevole, piano piano che la gente arriva cominciamo a servire il Prosecco di Adami Bosco di Gica 2009, viene subito apprezzata la sua piacevolezza, profumi intensi e delicati, floreali e fruttati, insomma uno spumante ideale come aperitivo tra buoni amici.
Si aprono le danze con gli splendidi Salumi del Falaschi e il primo Dolcetto è il Trifolera di Giuseppe Cortese, molto immediato, fragrante e dalla beva piacevolissima, ottimo con il salame di Cinta Senese e il pane nero artigianale fatto da Marcello.
Il secondo Vino è il Dolcetto di Schiavenza, il Vughera, che rispecchia bene le doti dei terreni di Serralunga, qundi un Dolcetto dalla grande struttura e corpo, che bene si è abbinato ai formaggi del Busti, anche questo piccolo grande Vino ha riscosso molto successo fra gli invitati, perchè nonostante la sua grande struttura e grado alcolico (14,5)  era piacevolissimo.
Il terzo vino, per me il più atteso,  il Dolcetto di Flavio Roddolo, un produttore che io amo, molto rispettato in terra di Langa per  i suoi vini.
Un vino sicuramente meno immediato degli altri due, specchio dei terreni di Bricco Appiani a Monforte d'Alba, profumi più complessi di frutta rossa matura, spezie e una leggera nota minerale, in bocca una maggiore eleganza rispetto agli altri due, con una buona sapidità e freschezza.
Ero molto orgoglioso di questo Dolcetto mentre lo descrivevo, ma ad un certo punto un fulmine a ciel  sereno, una CRITICA!
Un ospite della serata commenta:" questo vino mi sembra un passo indietro rispetto agli altri due, come se fosse un po'.... annacquato,.... sciapito", per i primi dieci secondi sono rimasto come paralizzato, non sapevo cosa dire,  descrivere il Dolcetto di Roddolo come se fosse quasi come un tavernello era troppo!
Rispondo subito, con gentilezza: "non sono daccordo".
Provo a spiegare che si tratta di un vino meno semplice, meno immediato, forse un po' più difficile da apprezzare, non pretendo che si dica che sia buono ma definirlo "sciapito e annacquato" era troppo visto che molte persone vanno in pellegrinaggio da Roddolo per godere dei suoi vini (ci sarà un motivo). DE GUSTIBUS. Questo scambio di opinioni è stato spunto per poter precisare la mia volontà, nel presentare questa piccola selezione di Dolcetti, di far percepire alle persone che non conoscono questo vino, come un uva vinificata tradizionalmente e nel rispetto del territorio, riesca a dare uno stesso prodotto con caratteristiche completamente diverse e originali, da azienda ad azienda. Per questo motivo non si può ricercare in un vino caratteristiche che un territorio non può dare e solo considerando questo non trascurabile aspetto si possono evitare affrettati giudizi che fino ad oggi conducono solo verso una omogeneizzazione di storici vini che per tradizione sono espressione della diversità del territorio italiano.
Dopo aver fatto una pausa, per smaltire i primi tre vini, seduti sul divano, davanti al fuoco, incomincio a servire nei Ballon lo "Scherzetto": il Barolo Brezza Castellero 2001 ........
Un Vino eccezionale, un Barolo di classe, con un'intensità e complessità olfattiva da campioni, in bocca equilibrato e veramente elegante. Fra gli ospiti si è creato un silenzio religioso di rispetto verso una famiglia come quella dei Brezza che senza manie di protagonismo riesce a produrre vini di indiscutibile qualità.
La serata volge al termine è arrivato il momentto dei dolci come i Brutti ma Buoni, i Fichi Secchi e i Cantuccini di Carmignano e per finire una splendida torta alla marmellata di fichi preparata da Barbara, moglie del mio amico Stefano. E' il momento del Recioto della Valpolicella di Begali. Mentre lo servo nei bicchieri Stefano mi consiglia di provarlo con le castagne cotte sul fuoco del camino, uno spettacolo!
Il Recioto di Begali infatti, non è il classico vino mieloso e banale, ma ha una buona freschezza e un leggero tannino che ben si abbina alla succulenza e tendenza dolce delle castagne. Grazie Stefano!
Un bellissima serata che mi ha dato conferma che è possibile anche in una simpatica festa di Hallo-Wine far conoscere Vini Autentici che rispecchiano un Territorio e Piccoli Poduttori che fanno della Qualità la loro peculiarità.
Ultima considerazione: mi sono promesso di riprovare il Vin Santo Occhio di Pernice, ultima nota positiva della serata.......