mercoledì 24 novembre 2010

CIRO PICARIELLO VIGNERON DEL SUD

Una fredda sera di fine Novembre davanti ad un piatto di orata al forno decido di aprire insieme alla mia dolce metà una bottiglia di CIRO PICARIELLO FIANO 2008.




E' un po' che non bevevo il Fiano di Ciro, piccolo contadino di Summonte che un giorno ha deciso di lasciare il suo lavoro di geometra per dedicarsi a quella che forse è la cosa che gli viene meglio, coltivare e vinificare il fiano di Avellino.
Un'Uva forse sottovalutata in Italia ma che vi assicuro dà risultati sorprendenti, forse insieme ai Friulani e qualche Vino dell'Alto Adige capace anche di evolvere nel tempo.
Appena aperto e versato nel bicchiere (temperatura di 12 gradi, bassa per questo vino) rimango affascinato dal suo colore: verde oro, al naso all'inizio ha profumi floreali e di frutta esotica (banana), in bocca è decisamente intenso, è fresco e sapido, caldo, eleganza e piacevolezza con un finale lunghissimo.
Ha tutte le doti di un grande vino che nel futuro, secondo il mio parere, darà grandi sorprese.




Questa, la 2008, mi ha raccontato Ciro è una grande annata!
 Questo vino è prodotto con Fiano proveniente da Summonte e Montefredane, 50%-50% per la 2008, una percentuale che cambia a seconda dell'annata.
A fine cena (temperatura di 14 gradi) dopo circa due ore dall'apertura il vino è cambiato tanto: al naso oramai si sono aggiunti profumi erbacei (erba di campo), agrumi, una bellissima mineralità, che in bocca all'assaggio si fa sentire accompagnato da un bel finale di mandorla amara (tipica di questo vitigno).
Sicuramente un grande Fiano e un grande bianco dallo "stile italiano", il Fiano di Picariello (non filtrato) fa solo acciaio alla faccia di chi, come Ciro, ha un grande terroir e un grande vitgno e li nasconde in  barrique!




Possiamo solo ringraziare Ciro Picariello che è riuscito grazie al suo amore per la sua terra e la sua semplicità, ad ottenere uno dei migliori Vini Bianchi Italiani!

venerdì 12 novembre 2010

AURELIO DEL BONO - CASA CATERINA.... “tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano.....”.

La presenza della famiglia Del Bono a Monticelli Brusati è documentata nei registri notarili dell'abbazia olivetana di Rodengo Saiano fin dal XII secolo. I Del Bono sono sempre stati dei lavoratori della terra, mai “Signori”. I sacrifici e la fatica sono iscritti nei loro cromosomi. Sulla scommessa del vino di qualità oggi sono impegnati i due fratelli Aurelio ed Emilio, figli di Caterina, cui hanno dedicato l'azienda per i meriti conquistati sul campo e di Francesco che fino a poco tempo fa aiutava nel lavoro in Vigna ( purtroppo in occasione della mia visita Aurelio in pochi mesi ha perso la sua amatissima moglie e suo padre braccia e anima dell'azienda). Casa Caterina è una delle poche piccole aziende che può vantare la presenza globale di soli impianti allevati col sistema gujot e col cordone speronato. La collocazione geografica dei vigneti aziendali è eccellente: zone come Gaina, Colombaia e Persaga sono tra le più vocate di tutta la Franciacorta orientale. Grande esposizione, terre “forti”, pendenze notevoli. Scelta dei terreni e sistemi di allevamento sono quindi di alto livello. Le produzioni di Casa Caterina sono molto limitate (neanche 15.000 bottiglie), curate allo spasimo e il sistema produttivo è Biodinamico.




La cantina-casa di Aurelio si trova nella frazione Foina, parte alta di Monticelli Brusati, arrivo da lui verso le 10.00 di mattina dopo una breve presentazione mi invita subito a degustare un po' del suo spumante, mette in tavola CASA CATERINA CUVEE 60 MILLESIMATO 2004; CASA CATERINA BRUT CREMANT MILLESIMATO 1999; CASA CATERINA BRUT RESERVE MILLESIMATO 1997. Vedendo quelle annate mi sento un po' spiazzato perchè penso: “le cose sono due: o sto perdendo tempo e assaggierò dei vini stanchi o ho trovato il produttore che stavo cercando in Franciacorta!”.
Incomincio a degustare la Cuvee 60 (chardonnay 100%) si presenta con una spuma delicata e soffice, fine è il perlage, al naso è un'espolsione di profumi scorza di agrumi, crosta di pane, fiori secchi, minerale..... in bocca ha una buona struttura e sapidità e una grande persistenza con ottima coerenza gustolfattiva veramente un grande spumante sicuramente da godere su un bel piatto di cruditè di pesce.
Poi Aurelio mi versa il Cremant 1999 (100% chardonnay,cremant=saten, quindi ha un'atmosfera di pressione in meno rispetto ad uno spumante normale), i miei dubbi erano forti: la spuma alla vista è sempre soffice e voluminosa, il perlage fine e continuo (considerate è 1999) il colore e giallo oro intenso affascinate (tutto bene fino a qui) poi con timore avvicino il naso al bicchiere e rimango stupito: un'eleganza eccezionale, sentori di frutta candita, agrumi, frutta secca, mallo di noce e nocciola e la sempre presente nota minerale, in bocca è intenso, delicato, sapido, buona la struttura,
appena deglutito rimane una bellissima sensazione di frutta secca (noce-nocciola) che fa fatica a sparire, alzo la testa e Aurelio mi guarda con il classico sorrisetto del bambino birbante che sa di averla combinata grossa e mi chiede semplicemente: “com'è?” gli rispondo che non ho parole e che non so se questo è un grande spumante ma sicuramente mi ha emozionato....
Ma l'emozione piu forte l'ho avuta quando mi versa nel bicchiere il Casa Caterina reserve 1997 (86% pinot nero,14% chardonnay); spuma soffice perlage fine e continuo, colore oro antico, al naso è intenso, un fuoriclasse di complessità con profumi di frutta secca, tartufo, pietra focaia, gesso nessuna nota ossidativa (è un 1997) ma sicuramente un vino estremo da appassionati non la classica bolla franciacortina ruffiana e mielosa; in bocca le bollicine ti accarezzano la lingua e il palato, ancora viva la freschezza e una buona sapidità, molto intenso e veramente lungo sembra non finire mai.
Poi Aurelio si alza e mi dice “vieni che adesso ci divertiamo!”.
Mi porta nella sua cantina-garage e mi aspettano tre ore di assaggi, dalle basi per gli spumanti, tra le quali una base di pinot nero per creare un futuro rosè da un insolito colore rosa antico, fino ai bianchi tra i quali traminer, marsanne, e poi i rossi con rebo e...... un pinot nero secondo me fantastico, Aurelio guardando la mia faccia mi dà una pacca sulla spalla dicendomi in bresciano: “questo ce lo beviamo fra 20 anni!”. Mi spiega poi che secondo lui qui ci sono il clima e i terreni adatti per fare un grande rosso a base di Pinot nero.
Il tempo vola guardo l'ora sul cellulare, sono le tre di pomeriggio, accidenti abbiamo saltato anche il pranzo e neanche ce ne siamo accorti! A questo punto decidiamo di fermarci, almeno l'intenzione era quella, ma Aurelio vedendomi ancora in forma decide di aprire un bolla del 1988, come dire di no? Facciamo quest'ultimo sforzo!
Questa volta il vitigno cambia 100% pinot munier (il pinot del mugnaio per la forte presenza di pruina sostanza bianca presente sulla buccia degli acini, simile alla farina) uno spumante ancora vivo, colore giallo oro intenso, complesso ed estremo (non voglio annoiarvi ulteriormente sui sentori) in bocca è intenso e fine leggermente più caldo (alcolico) rispetto agli altri con struttura da vendere, il classico spumante che ti fa venire la voglia di sperimentarlo con una preparazione di carne rossa.
Sicuramente Aurelio è un tipo un po' fuori dalla norma ma sicuramente secondo il mio umile parere un grande produttore di spumante e una bravissima persona a cui piace fare il vino a modo suo e per questo si è tirato fuori dal Consorzio del Franciacorta. Un uomo che ama il suo territorio e che sta cercando di valorizzarlo, anche andando contro certe logiche e politiche edilizie, a costo, a volte, di attirare antipatie anche, e forse soprattutto, a livello locale, basti pensare che nessuna enoteca a Brescia vende i suoi vini.
Ormai si sono fatte le quattro e mezza di pomeriggio (senza mangiare nulla!) saluto Aurelio con la promessa di ritrovarci un giorno e fare una splendida cena con i suoi spumanti.

martedì 9 novembre 2010

ANDREA ARICI, IL RAGAZZO DAL DOSAGE ZERO

Una delle tappe del mio viaggio in Franciacorta è a Gussago, da Andrea Arici, produttore di Bollicine DOSAGE ZERO.
Come tutte le migliori aziende, anche quella di Andrea è difficilissima da trovare, specialmente se il navigatore decide di dare il peggio di sé, facendomi addirittura arrivare dentro il il cortile di una casa privata, per fortuna che non c'era nessuno!
Comunque sapevo che l'azienda si trova in zona la Stella a Gussago e ad un certo punto scorgendo l'indicazione per il Santuario Madonna della Stella mi butto su per quella strada, dopo circa un kilometro vedo il cartello dell'azienda di Andrea Arici.
Alcune persone sono intente a cogliere le olive, tra di loro un ragazzo si gira e mi fa un cenno con la mano, io rispondo al saluto e lui si avicina a grandi passi verso di me. È un ragazzo alto e magro, ad occhio ha la mia età, poco più di trent'anni. Arrivato davanti a me si presenta:" Piacere, Andrea Arici". Io fra me e me non ci credevo, mi ero fatto mille film su come poteva essere Andrea ma mai mi sarei immaginato di incontrare un ragazzo come me!
Comunque, finito lo stupore iniziale, mi presento anch'io e ci avviamo insieme dentro casa. Andrea decide infatti di sciogliere il ghiaccio davanti ad un calice di bollicine. 
La degustazione dei suoi vini si svolge in cucina, l'ambiente è riscaldato da una bellissima stufa di ghisa che arriva fino al soffitto e che troneggia in mezzo alla stanza. Il primo vino degustato FRANCIACORTA DOSAGE ZERO (la base). Ecco, se un produttore si giudica dal suo vino base, mi trovo davanti ad uno veramente in gamba, questa bollicina al naso è intensa, abbastanza complessa, oltre al sentore di agrumi e fiori bianchi spicca una bellissima mineralità. Al primo sorso mi colpisce una viva freschezza accompagnata da una decisa sapidità, una bolla veramente originale da accompagnare ad un piatto di crudità di pesce.......
Andrea intanto mi racconta un po' la sua storia: ex gicatore di rugby (meno male, magro come è non ce lo vedo proprio!), cresciuto in mezzo alle vigne insieme al padre, si è laureato alla scuola di enologia di Milano, la passione della sua vita è fare Bollicine ( si forse è meglio!).
Poi entriamo nella sua “cantina garage” e qui Andrea mi fa assaggiare alcune basi dei suoi spumanti, tra le quali anche quella di un futuro Blanc de Noirs (bollicina 100% pinot nero) che molto probabilmente uscirà in primavera (non vedo l'ora!). Una bellissima esperienza perchè assaggiare le basi di uno spumante non è come assaggiare un vino da botte, l'acidità è forte, i profumi varietali insomma hanno poco a che fare con un vino ma riescono in parte a dare un'idea della bollicina futura.
Andrea mi propone quindi di montare sulla sua jeep e fare un giro nelle sue vigne, come dire di no!




Incominciamo a salire sulla collina fino ad arrivare ad una vigna bellissima, a forma di anfiteatro, che si affaccia su Gussago. Qui Andrea mi spiega la composizione dei suoi terreni fatti in superfice di argilla e in profondità da rocce calcaree (ecco da dove deriva tutta quella mineralità!), continua dicendomi che in questa zona si fa vino gia dal 1200, quando i monaci coltivavano queste colline con ulivi e vigne (documentati da carte dell'epoca) solo negli anni sessanta, nel periodo del boom economico, molti contadini hanno abbandonato le vigne, sostituite velocemente da capannoni industriali e case, Andrea appena laureato decide di recuperare alcuni di quei terreni ormai ricoperti di bosco e frasche, una volta ripuliti con sorpresa riscopre delle terrazze fatte con muretti a secco, molto probabilmente opera dei monaci. Andrea svolge la maggior parte del lavoro da solo, con un impegno, fisico ed economico grande, rinunciando anche al suo sport, ma mentre mostra le sue vigne e mi fa strada tra i filari si capisce che nel rapporto con la sua terra è profondamente ricambiato :“Io sono cresciuto in mezzo alle vigne”. Mentre lo ascolto parlare con passione, la stessa che ho io per il vino, sono contento perchè ho la fortuna di aver conosciuto un mio coetaneo che sicuramente non è un “mammone” e come me si impegna per rivalutare la cultura del vino italiano attraverso il duro lavoro e un amore smisurato.
Andrea è un ragazzo di grande valore onesto e schietto proprio come i suoi spumanti senza dosaggio, il RAGAZZO DAL DOSAGE ZERO.








domenica 7 novembre 2010

CHIANTI CLASSICO ORMANNI RISERVA BORRO DEL DIAVOLO 2006 VS CHIANTI CLASSICO BUCCIARELLI RISERVA 2006 IN COMPAGNIA DI AMICI E BISTECCA FIORENTINA


Venerdì sera, prima di partire per la Franciacorta, invito alcuni amici a casa per gustare una splendida BISTECCA FIORENTINA di 2,150 kg abbinata a due grandissimi Chianti .
La sfida è tra Chianti Classico Ormanni Riserva Borro del Diavolo 2006 vs Chianti Classico Bucciarelli Riserva 2006, due stili e territori diversi.
Appena metto in tavola la spendida Bistecca, condita con sale pepe e un' ottimo olio nuovo, franto due giorni prima, delle colline di Cerreto Guidi (regalato dal mio caro amico Stefano), incominciamo a degustare in Vini. 


Il primo, Ormanni è completamente cambiato da quando l'ho degustato in cantina, da un vino di grande qualità ma un po' chiuso, ad un vino di un'eleganza eccezionale; al naso è intenso e complesso, con bellissime note di liquirizia, viola, marasca.... in bocca il tannino regge bene la bistecca, anche se a detta di tutti il Borro del Diavolo è un vino che accompagnerebbe magnificamente qualsiasi piatto nobile di cacciagione.


Il secondo vino è il Bucciarelli Riserva 2006 un vino che con la bistecca e l'olio nuovo, scusatemi il termine un po' esagerato, ci fa l'amore è una vera goduria! Un vino forse più rustico, con una grande struttura e 14,5 gradi alcool,  al naso  a mio umile giudizio meno complesso del Borro del Diavolo ma molto intenso e fruttato, in bocca il tannino è leggermente aggressivo ma del resto questo è il marchio del Bucciarelli, di gran corpo e caldo e come il Borro una lunghissima persistenza.
Per definire questi due grandi vini voglio citare il mio amico Michele che ha detto, mentre fumavamo un bel sigaro toscano (io Classico lui Originale) a fine cena:"L'Ormanni è stato come incontrare un membro di una famiglia nobile fiorentina del rinascimento. elegantissimo. Il Buciarelli è invece un signorotto di campagna, un pò burbero e diretto nei modi, ma spontaneo e deciso, che ti arriva diretto. E...' più difficile ma io, quasi quasi, mi sono appassionato più al secondo, anche se non c'è niente da dire dell'Ormanni - un gran signor vino."
La poesia è un dono che non tutti hanno! 



lunedì 1 novembre 2010

HALLO-WINE: DOLCETTO O SCHERZETTO? DOLCETTO D'ALBA O BAROLO?

Domenica 31 Ottobre, a Treggiaia, da Silvia Puccioni, io e il mio amico Sommelier, Stefano Menichetti ci siamo inventati una serata "HALLO-WINE: Dolcetto o Scherzetto?" Dolcetto d'Alba o Barolo?
Una serata molto conviviale, come piacciono a me, dove protagonisti sono stati i migliori Salumi della macelleria Falaschi di San Miniato e alcuni miei Vini (enoteca www.attoadivenire.com).
I vini in degustazione sono:
Prosecco di  Valdobbiadene Adami Bosco di Gica 2009 (Valdobbiadene-Treviso);
Dolcetto d'Alba Giuseppe Cortese Trifolera 2009 (Barbaresco);
Dolcetto d'Alba Schiavenza Vughera 2009 (Serralunga);
Dolcetto d'Alba Flavio Roddolo 2008 (Bricco Appiani-Monforte d'Alba); 
Barolo Brezza Castellero 2001 (Barolo);
Recioto della Valpolicella Begali Lorenzo 2006 (S. Pietro in Cariano-Verona);
Stefano, per arricchire la serata, ha portato un Vin Santo Occhio di Pernice Tenuta Colle Alberti (Cerreto Guidi).




La serata è piacevole, piano piano che la gente arriva cominciamo a servire il Prosecco di Adami Bosco di Gica 2009, viene subito apprezzata la sua piacevolezza, profumi intensi e delicati, floreali e fruttati, insomma uno spumante ideale come aperitivo tra buoni amici.
Si aprono le danze con gli splendidi Salumi del Falaschi e il primo Dolcetto è il Trifolera di Giuseppe Cortese, molto immediato, fragrante e dalla beva piacevolissima, ottimo con il salame di Cinta Senese e il pane nero artigianale fatto da Marcello.
Il secondo Vino è il Dolcetto di Schiavenza, il Vughera, che rispecchia bene le doti dei terreni di Serralunga, qundi un Dolcetto dalla grande struttura e corpo, che bene si è abbinato ai formaggi del Busti, anche questo piccolo grande Vino ha riscosso molto successo fra gli invitati, perchè nonostante la sua grande struttura e grado alcolico (14,5)  era piacevolissimo.
Il terzo vino, per me il più atteso,  il Dolcetto di Flavio Roddolo, un produttore che io amo, molto rispettato in terra di Langa per  i suoi vini.
Un vino sicuramente meno immediato degli altri due, specchio dei terreni di Bricco Appiani a Monforte d'Alba, profumi più complessi di frutta rossa matura, spezie e una leggera nota minerale, in bocca una maggiore eleganza rispetto agli altri due, con una buona sapidità e freschezza.
Ero molto orgoglioso di questo Dolcetto mentre lo descrivevo, ma ad un certo punto un fulmine a ciel  sereno, una CRITICA!
Un ospite della serata commenta:" questo vino mi sembra un passo indietro rispetto agli altri due, come se fosse un po'.... annacquato,.... sciapito", per i primi dieci secondi sono rimasto come paralizzato, non sapevo cosa dire,  descrivere il Dolcetto di Roddolo come se fosse quasi come un tavernello era troppo!
Rispondo subito, con gentilezza: "non sono daccordo".
Provo a spiegare che si tratta di un vino meno semplice, meno immediato, forse un po' più difficile da apprezzare, non pretendo che si dica che sia buono ma definirlo "sciapito e annacquato" era troppo visto che molte persone vanno in pellegrinaggio da Roddolo per godere dei suoi vini (ci sarà un motivo). DE GUSTIBUS. Questo scambio di opinioni è stato spunto per poter precisare la mia volontà, nel presentare questa piccola selezione di Dolcetti, di far percepire alle persone che non conoscono questo vino, come un uva vinificata tradizionalmente e nel rispetto del territorio, riesca a dare uno stesso prodotto con caratteristiche completamente diverse e originali, da azienda ad azienda. Per questo motivo non si può ricercare in un vino caratteristiche che un territorio non può dare e solo considerando questo non trascurabile aspetto si possono evitare affrettati giudizi che fino ad oggi conducono solo verso una omogeneizzazione di storici vini che per tradizione sono espressione della diversità del territorio italiano.
Dopo aver fatto una pausa, per smaltire i primi tre vini, seduti sul divano, davanti al fuoco, incomincio a servire nei Ballon lo "Scherzetto": il Barolo Brezza Castellero 2001 ........
Un Vino eccezionale, un Barolo di classe, con un'intensità e complessità olfattiva da campioni, in bocca equilibrato e veramente elegante. Fra gli ospiti si è creato un silenzio religioso di rispetto verso una famiglia come quella dei Brezza che senza manie di protagonismo riesce a produrre vini di indiscutibile qualità.
La serata volge al termine è arrivato il momentto dei dolci come i Brutti ma Buoni, i Fichi Secchi e i Cantuccini di Carmignano e per finire una splendida torta alla marmellata di fichi preparata da Barbara, moglie del mio amico Stefano. E' il momento del Recioto della Valpolicella di Begali. Mentre lo servo nei bicchieri Stefano mi consiglia di provarlo con le castagne cotte sul fuoco del camino, uno spettacolo!
Il Recioto di Begali infatti, non è il classico vino mieloso e banale, ma ha una buona freschezza e un leggero tannino che ben si abbina alla succulenza e tendenza dolce delle castagne. Grazie Stefano!
Un bellissima serata che mi ha dato conferma che è possibile anche in una simpatica festa di Hallo-Wine far conoscere Vini Autentici che rispecchiano un Territorio e Piccoli Poduttori che fanno della Qualità la loro peculiarità.
Ultima considerazione: mi sono promesso di riprovare il Vin Santo Occhio di Pernice, ultima nota positiva della serata.......

martedì 19 ottobre 2010

LE MIGLIORI GUIDE ITALIANE SUL VINO

In questi giorni sono uscite le migliori Guide italiane sul Vino (I vini d'Italia 2011 l'Espresso, la Guida Slow Wine, la Guida Cinque Grappoli AIS.....) ma mi piace ricordare che i migliri vini italiani non sono solo nelle migliori guide ( scusate il gioco di parole) e per spiegarvi questo vi voglio riportare alcune parole della novella IL VINO DI CAREMA scritta da Mario Soldati :" <<Se volete trovarvi bene in italia>> spiego ad amici stranieri <<dovete scoprirla per conto vostro, affidandovi alla vostra fortuna e al vostro istinto,perche una grande legge dell'Italia è proprio questa: che , da noi, tutto ciò che ha un titolo, un nome, una pubblicità, vale in ogni caso molto meno di tutto ciò che è ignoto, nascosto individuale le bottiglie di vino con etichetta sono quasi sempre cattive;le bottiglie senza etichetta il vino sciolto quasi sempre buoni . Lo so che in Inghilterra alcuni ottimi wihiskj sono proprio quelli delle marche più note. E così in Francia certi Bordeaux e Bourgogne. Ma , in Francia e in Inghilterra, da secoli e non soltanto per vini e liquori, esiste un ponte tra società e individuo, una civiltà organizzata, una gerarchia del costume. La nostra civiltà non è inferiore, ma diversa. E' una civiltà anarchica, scontrosa, ribelle. Da noi l'uomo di valore, come il vino prelibato, schiva ogni pubblicità: vuole essere scoperto e conosciuto in solitudine, o nella religiosa compagnia di pochi amici." .
Dovete considerare che questo Mario Soldati lo scriveva 55 anni fa (1955) qundi alcune cose della Novella oggi sono cambiate in meglio, infatti è possibile trovare in "bottiglie con l'etichetta" vini autentici ed espressione di un territorio, ma non è questa la cosa importante .
  Quello che secondo me Mario Soldati voleva insegnarci è giudicare un vino, di conseguenza un territorio,
non partendo dalla risonanza mediatica e pubblicitaria, ma dalla sua sincera espressione, dalla bontà delle persone che lo producono e dalle sensazioni "irreali" che un vino di qualità riesce a regalare.
Non so se sono stato bravo a esprimere il mio pensiero ma la prossima volta che giudicate un vino che non conoscete provate ad andare nella zona dove viene prodotto, conoscete la gente del posto che beve questo vino tutti i giorni, assaggiate i piatti locali con cui questo vino viene esaltato, poi acqustate una bottiglia di vino sconosciuto da un produttore del luogo che vi ha offerto vino e cordialità (tipica italiana).....


Tornate a casa e dopo qualche tempo, aprite quella bottiglia, degustate il vino chiudendo gli occhi (dopo naturalmente  averne osservato il colore) e....

domenica 17 ottobre 2010

MLECNIK CHARDONNAY 2004 , NATURALMENTE SLOVENIA

La famiglia Mlecnik produce vino in Slovenia da quasi 200 anni. A partire dal 1982  a portare avanti la tradizione è Valter Mlecnik piccolo produttore di Bukovica, paesino al confine con l'Italia,  conosciuto nel 2009 a Villa Boschi nella manifestazione parallela al Vinitaly, Vino Vino Vino dove partecipano tutti i produttori del Gruppo Vini Veri e  La Reinassance du Terroir. Mi colpì allora  questo Chardonnay, per la sua complessità e la forte presenza dei tannini che se degustato a occhi chiusi sarebbe sembrato di bere un rosso, accompagnati da una viva acidità, capirete che stiamo parlando di un vino di difficile comprensione, inusuale ma che allora mi convinse a tal punto che decisi di acquistarne una bottiglia.
Ho un bellisimo ricordo anche di Valter un uomo pacato e gentilissimo innamorato della sua terra che mi spiegò in poche parole  il suo pensiero, che vi riporto: " Tutto quelllo che la natura crea, è perfetto nella sua unicità. L'unica cosa di cui ha bisogno è la possibilità di maturare in pace e compiere la sua missione. Naturale significa che tutto è collegato e in armonia con tutto".
Comunque venerdi pomeriggio mi sono deciso ad aprirla per poterla bere a cena.
La sorpresa è stata grande  nel bicchiere si presentava di un colore ambra intenso dai riflessi color rame, nel versarlo mi sono accorto di una grande consistenza, a quel punto ho pensato di aver aperto un vino ormai andato!
Fino a che non sono stato travolto da l'intensità dei profumi, allora mi sono deciso di avvicinare il naso al bicchiere dopo una breve ma decisa roteazione e mi sono trovato davanti ad un vino sicuramente complesso: (sensazioni personali) profumi di frutta secca fra tutti la nocciola, scorza di arancia, miele di tiglio, smalto-vernice, caramello...non voglio annoiarvi.
All'assaggio il vino è completamente cambiato da come me lo ricordato è diventato decisamente morbido, sapido con una notevole freschezza e intenso e lunghissimo, in bocca ritornano decise le sensazioni di nocciola e miele di tiglio, scorza d'arancia.
Unico "difetto" secondo me è la gradazione alcolica che rende difficile berne più di un bicchiere,da ritiro di patente con i soui 14,8 gradi dichiarati in bottiglia.




Secondo me è sicuramente un Bianco da bere d'inverno con piatti molto strutturati e grassi, pesce in umido senza escludere le carni rosse, un vino di difficile comprensione se siete persone a cui piace provare qualcosa di diverso ve lo consiglio o  evitatelo se vi piacciono i bianchi leggeri e beverini.

domenica 10 ottobre 2010

Chianti Classico Antico Podere Casanova, Bucciarelli vs Atto a Divenire 1° round

Un giorno di ottobre un mio amico mi dice, conoscendo la mia passione per i vini meno conosciuti ma non per questo meno importanti, “Sabato si va a prendere il Chianti sfuso da un produttore che fa un vino fantastico” la parola vino sfuso non è che mi entusiasmasse “è un produttore che non è presente nelle guide per sua scelta e ci ha organizzato, in occasione di questa visita, anche un pranzo in azienda”, queste due ultime cose mi hanno fatto riaccendere l'entusiasmo.
Così Sabato 9 ottobre siamo partiti in 12 (grandi e piccini) alla volta di Castellina in Chianti, loc. La Piazza.
L'azienda non è facile da trovare, come accade spesso per le migliori, navigatore impazzito, cellulari che non prendono: impossibile contattare il Bucciarelli! … con noi però c'era quella consapevolezza che, primo o poi si arrivava …e così è stato.
Un posto fantastico, una collina ricoperta di boschi e vigne, le vigne del Bucciarelli curatissime, dove a regnare è un silenzio a cui ormai noi animali cittadini non siamo più abituati.


In cima a questa collina una piccola cantina, anch'essa molto curata e ad aspettarci c'era Massimo Bucciarelli, viticoltore da 4 generazioni, una persona schiva e introversa. Molto timido, all'inizio sembrava quasi disturbato dal nostro 'chiasso' cittadino, che inevitabilmente la 'combriccola' si porta dietro, e vi assicuro che per la prima mezz'ora alle nostre frequenti domande e legittime curiosità lui rispondeva sempre con pochissime parole.
Dentro di me è ritornata in mente l'ultima volta che ho conosciuto un produttore con un carattere simile, in Piemonte, Flavio Roddolo, e questo faceva aumentare la mia curiosità di assagiare il suo Chianti.

 (..anche qui è presente “Atto a divenire”..)

Il primo approccio è stato inevitabilmente con il vino sfuso (2007 e 2008) e nonostante non sia la mia passione, come avrete capito, è stato di mio gradimento. Finite le pratiche di riempimento damigiane (non era la classica visita con degustazione vini ma una semplice scampaganta fra amici), è giunta l'ora di pranzo e ci siamo spostati nel giardino dello splendido agriturismo, a bordo piscina.
Ad aspettarci c'era la mamma del Bucciarelli ed una bella tavola rotonda, apparecchiata sotto un gazebo, la giornata era splendida e la fame aumentava (la fame è brutta!).

L'esuberanza del gruppo sembrava ancora bloccare il Bucciarelli, che a pranzo già iniziato non si era ancora seduto a tavola, non sia mai! Io insisto fino a che finalmente decide di unirsi a noi.
Pranzo semplice, alla toscana, pomodori, cavolo crudo all'insalata, pane casareccio, salame e prosciutto partito rigorosamente “al coltello”: da applausi tutti i prodotti del padre del Bucciarelli. Era tanto che non mangiavo un prosciutto così.
Alla mia domanda su dove tenesse i maiali, il Bucciarelli mi risponde tranquillamente : “Nel bosco” (...naturalmente!). É seguito un'attimo di silenzio misto a sbigottimento e gioia perchè quella risposta sintetica era la garanzia dei prodotti del Bucciarelli.
Una mia amica (vegetariana) ha poi chiesto da dove venissero quei buonissimi pomodori, questa volta è stata la mamma del Bucciarelli a rispondere, mentre ne riportava per la seconda volta un piatto, rimanendo quasi stupita da una simile domanda: “Dall'orto!”
Il tempo passava e piano piano Massimo ha iniziato a sciogliersi, fino a che non ha portato in tavola ciò che io desideravo: una bottiglia del suo Chianti, a cui ha aggiunto anche una di rosato, non servito freddo ma “fresco di cantina”.
A quel punto mi sono 'scollegato' dalla chiassosa combriccola e mi sono concentrato su questi due vini, il rosato fruttatissimo e intenso al naso, frutta rossa (ciliegia) e in bocca dotato di una buona freschezza e struttura, con il salame del Bucciarelli ne avrei bevuto una bottiglia da solo. Il Chianti mi ha lasciato di sasso, un bellissimo colore rubino intenso, con sfumature granata, al naso intenso con un bellisimo profumo di frutta rossa ma a prevalere era la viola, timbro del Sangiovese giovane nel Chianti, in bocca è intenso, fresco, molto sapido e con tannini con i muscoli. Mi fa pensare al classico abbinamento che pochi Chianti di oggi, con l'avvento dei chianti fatti in barrique e tagliati con cabernet e merlot, reggono: la bistecca alla Fiorentina!
Ritorno mentalmente a tavola con i miei amici e mi accorgo che il Bucciarelli mi guarda e mi chiede, sorridendomi “Allora ti piace?” la mia risposta non poteva che essere positiva.
Alla fine del pranzo salutiamo i gentilissimi padroni di casa impegnati nella vendemmia e ritorniamo a casa lasciando (per ora) questo posto incantevole.
Non prima però di chiedere al Bucciarelli qualche botttiglia da degustare con “calma” e acquisto, consigliato da lui, un Chianti Classico Riserva del 2005 e uno del 2006, lasciandolo con la promessa di ritornare per una visita 'meno chiassosa'.
Appena tornato a casa corro a comprare una bistecca, il desiderio di avere la conferma di quell'abbinamento pensato a tavola era più forte di me.
Quindi decido di aprire il Chianti Classico Riserva 2005.


La sorpresa è stata pari alla bontà di questo vino, dal colore granata intenso, al naso appena versato nel bicchiere è di un intensità pazzesca che lentamente va a stabilizzarsi ma la complessità rimane ed è grande, in bocca è altrettanto intenso, ottima la corrispondenza gustolfattiva, con tannini e sapidità che si fanno sentire, lunga la persistenza.
Al primo assaggio mi sembrava di essere stato troppo precipitoso ad aprire questa bottiglia, poichè questo vino ha le caratteristiche di un vino che non è ancora pronto(da lungo invecchiamento) ma con la Bistecca questa mio senso di colpa è sparito, sostituito da una gran Goduria!

( ..naturalmente la bistecca l'ho mangiata cotta!!)

Comunque non è finità qui mi sono ripromesso di ritornare dal Bucciarelli, con la certezza poi di aggiungerlo fra i vini di www.attoadivenire.com.....

domenica 3 ottobre 2010

ARTURO PELIZZATTI PEREGO, UN UOMO DI IERI, UN VINO DEL DOMANI?

Voglio parlarvi di un vero Vigneron, Arturo Pelizzatti Perego, uno degli uomini che hanno fatto tanto per la sua terra (Valtellina) e che purtroppo oggi mancano  nel nostro paese. Arturo nasce e vive in Valtellina, bellissima e aspra terra, decantata ultimamente in uno splendido documentario di Ermanno Olmi, che si chiama "Rupi del Vino" e che vi consiglio di vedere. Ho ripreso al storia dal sito dell'azienda .....spiega benissimo il valore di quest'uomo:" La storia di quest'uomo inizia nel dicembre 1973: il padre di Arturo, il Sig. Guido, muore di un brutto male. A causa di contrasti familiari legati all'eredità, Arturo è costretto a vendere la sua azienda, che all'epoca era una delle più grandi in Valtellina con ben 80 ettari, insieme al marchio di famiglia e alle cantine a Winefood, gruppo a capitale svizzero-americano che acquisì in conduzione anche le vigne. Forse, però, la sofferenza più grande doveva ancora arrivare. Arturo non lasciò fisicamente i suoi vigneti, continuò a seguirli alle dipendenze di Winefood. Per lui era stato individuato il ruolo di responsabile della produzione, ma di fatto non riuscì mai a ricoprire quell’incarico come voleva. Fu costretto ad assistere passivamente allo sconvolgimento delle sue idee di viticoltura e a vedere compromessa la stessa fama dei vini Pelizzatti, presto diventati prodotti di massa senza più rispettare, ad esempio, alcun rigore nell’affinamento. La rivoluzione moderna era giunta anche in Valle. E nel confronto con il nuovo mercato, i vini di Valtellina finivano nel calderone generale faticando a farsi riconoscere. A quel punto l’unica strada percorribile sembrò l’abbandono del mondo del vino. Arturo ci provò: lasciò il suo impiego da Winefood e cercò altro. Ma non poté ingannarsi. Nel 1983 mise in atto il suo piano: riprendere possesso dei vigneti e tornare a riempire le cantine sparse nel centro di Sondrio. Winefood nel frattempo non se l’era passata troppo bene e le vigne erano passatte niente meno che al Gruppo Italiano Vini. Nonostante questo Arturo è riuscito a recuperare una discreta superficie di vigneti e rientrare in possesso anche delle cantine utilizzate per l’affinamento al “Buon Consiglio”, sotto ai vigneti di Grumello. Un'operazione non facile, infatti furono molti i tentativi per ostacolare l'impresa. Nel 1987 le cantine volute da papà Guido diventarono nuovamente il quartier generale della famiglia Pelizzatti Perego. Serviva però un nome, perché il marchio di famiglia restava in mani altrui. Si fece ricorso alle iniziali del fondatore, Arturo Pelizzatti Perego: azienda diventò Ar.Pe.Pe. A quale Arturo riferirsi? Da una parte Arturo, padre di Guido, aveva fondato l’azienda, dall’altra il nipote l’aveva fatta rinascere. Ognuno può liberamente interpretare. Riprendere non è uno scherzo. C’è da lavorare sul fronte della credibilità. Arturo, di fronte a questa sfida, mette in campo tutta la tenacia delle sue convinzioni. È disposto al rischio, ma non al compromesso e, al di là di ogni presunzione, si mostra sicuro di sé e rigido verso ogni condizionamento esterno. Per questo le sue idee sono bollate come eresie enologiche. Attraverso la sua nostalgica cocciutaggine, Arturo mira al superamento dell’idea di mediocrità dei vini valtellinesi, al ritrovamento della loro anima perduta; il perno della logica di produzione sta, secondo Arturo, nel giusto tempo di attesa. Per sei anni consecutivi i terrazzamenti a nord di Sondrio producono e per sei anni il vino entra nelle botti del “Buon Consiglio”, senza che ne esca una sola bottiglia. Per le prime vendite del Sassella Rocce Rosse bisognerà attendere fino al 1990.  Il tempo è realmente la via migliore per fare emergere le potenzialità del terroir? Il “purista” Arturo ha dato la sua risposta con i fatti. Aspettando e difendendo l’integrità del Nebbiolo, scartando la dolcezza dei passiti, chiudendo le porte alle mode. Così Arturo è diventato un viticoltore anacronistico, bersaglio di facili critiche da parte dei colleghi più sensibili alle esigenze del marketing. Impossibile, per di più, accettare e comprendere un simile immobilizzo di capitale, che ritardava il profitto e faceva schizzare in alto il prezzo finale della bottiglia. Tuttavia in casa Pelizzatti Perego non c’era intenzione di trattare con i modernisti, c’era piuttosto il pensiero di recuperare un credito perduto, peraltro in un clima di confusione tra i due marchi di famiglia. Di questi, il più antico, finito nelle mani del Gruppo Italiano Vini, non sarebbe mai rientrato a casa. I Pelizzatti Perego, invece, erano tornati. Passano venti anni dalla nascita di Ar.Pe.Pe. e trenta dalla morte di Guido; Arturo non è più solo. La quinta generazione “viticola” dei Pelizzatti Perego è pronta a entrare in un’azienda avviata verso la graduale riconquista degli spazi perduti. Due figli di Arturo, Isabella ed Emanuele, decidono di affiancare il papà nella conduzione aziendale (Guido, il secondogenito, intraprende invece un’altra strada pur collaborando con i fratelli nell'ambito della comunicazione). Arturo ha poco più di sessant’anni e ancora tanta esperienza da tramandare. Ma nel 2004 il suo tempo è scaduto. Come papà Guido anch’egli scompare a dicembre, anch’egli dello stesso male. Ar.Pe.Pe. è privato del suo fondatore. Oggi alla guida dell'azienda ci sono ancora Isabella, che si occupa della cantina ed Emanuele che lavora la vigna, convinti ed orgogliosi di un padre che forse fisicamente non c'è più ma che tramite il suo pensiero vive ancora con loro e i vini dell'azienda ne sono espressione. "




E vi assicuro che io, che sono stato in Valtellina in visita all'azienda, ho potuto conoscere Isabella ed Emanuele, ho visto le vigne e assaggiato per la prima volta i loro vini  ho capito perchè questa famiglia produce vino da più di cento anni.

lunedì 27 settembre 2010

www.attoadivenire.com-VINI D'ELITE 2010

Domenica 19 settembre Atto a Divenire ha partecipato a VINI D'ELITE,  manifestazione organizzata dall'AIS Valdelsa al Castello di Oliveto. Grazie alla gentile concessione data dal mio delegato AIS, Luigi Pizzolato, mi sono presentato con una selezione dei vini migliori presenti su www.attoadivenire.com, in formato MAGNUM.
Ecco l'elenco: AR.PE.PE. Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse Riserva 1997 (3lt);  Begali Lorenzo Amaraone Della Valpolicella Classico Monte Cà Bianca 2004;  Brezza Barolo Sarmassa 2005;  Marengo Barolo Vecchie Vigne 2005;  Principiano Ferdinando Barolo Boscareto 2005;  Cortese Giuseppe Barbaresco Rabajà 2006;  Piancornello Brunello di Montalcino 2004; Le Potazzine Brunello di Montalcino Riserva 2004; Podere Salicutti Brunello di Montalcino Piaggione Riserva 2004; Tenuta il Poggione Brunello di Montalcino Vigna Paganelli Riserva 2004; Sesti Brunello di Montalcino Phenomena Riserva 2004;  San Giusto Rentennano Percarlo 2006;  Isole e Olena Cepparello 2006;  Montevertine Pergole Tort 2007; Fontodi Flaccianello 2007; Casavyc Syrah Unocinquantasei 2007; Poliziano Vino Nobile Di Montepulciano Asinone 2006;  Paolo Bea Montefalco Sagrantino Secco Pagliaro 2005; Salvatore Molettieri Taurasi Vigna Cinque Querce Riserva 2004; Elena Fucci Aglianico del Vulture Titolo 2006; I Vigneri(Salvo Foti) Vinupetra 2007 annata ancora non in commercio.


Niente male vero!

Vi assicuro però che inizialmente ero molto nervoso, la classica fifa dell'esordio, meno male che vicino a me per aiutarmi nel servizio c'era il mio amico sommelier Stefano Menichetti.






Appena ho inziato ad incontrare le prime persone però mi sono sciolto subito, ho tirato fuori tutta la passione che ho per questi vini e i loro produttori,  di questo la gente si è accorta e ha iniziato ad ascoltare interessata la storia, spesso straordinaria, dei produttori e di come da questi produttori nascono altrettanti vini straordinari, addirittura mi sono sentito dire : "scegli pure tu cosa farmi degustare, mi fido di te".
Una frase così mi ha ripagato di tutti gli sforzi fatti per iniziare questa attività.
Infatti per arrivare a questa selezione non è stato facile, ho girato tutta l'Italia, dalle Alpi Retiche (Valtellina), passando per Piemonte,Veneto, Toscana, Umbria, Campania, Basilicata fino ad arrivare sull'Etna.
Ho visitato vigne e cantine e ho conosciuto di persona i produttori, perchè sono convinto che solo così si può parlare di vino in maniera sincera.

venerdì 24 settembre 2010

www.attoadivenire.com

La mia filosofia

 “Atto a divenire” … qualcuno si chiederà perché questo nome. Per chi lavora tutti i giorni in cantina questa è sicuramente cosa nota.
“Atto a divenire” è la denominazione che un vino ha quando ancora non è stato registrato come doc, docg, igt,… Durante le visite alle aziende fatte in questi mesi, più volte ho letto questa scritta su lavagnette appese alle botti e ogni volta ho avuto la sensazione che riuscisse ad esprimere, in modo anche romantico, il senso dell’attesa e delle cure che sono necessarie per fare in modo che il vino possa esprimere al meglio tutte le sue potenzialità.
Questa attività nasce infatti prima di tutto da una mia grande passione, anzi DALLA MIA grande passione: il vino … e il suo mondo.
Col rifiuto dei vini cattivi , sofisticati, con la ricerca di quelli veri, quindi anche buoni, facciamo onesta contestazione. Difendiamo con leciti interessi di categoria, l’interesse più vasto per il vino. Per quel vino in cui tutto – vendemmia, vinificazione, assaggio – può ancora essere oggi, soprattutto oggi, in tempi di meccanizzazioni e di affanni, gioia e verità. Il vino è un valore reale perché ci regala l’irreale”. Con queste parole si esprimeva Luigi Veronelli e ho scelto proprio queste parole perché esprimono l’essenza dell’idea che ho del vino. Devo ad una grande persona come lui l’inizio di questa mia passione, è lui che mi ha insegnato, senza purtroppo averlo mai conosciuto, come avvicinarsi al vino, come leggere e utilizzare le guide, soprattutto quelle che hanno il merito di presentare ad un pubblico più ampio aziende fino allora poco conosciute, ma anche quelle che riconoscono il valore di aziende storiche e ormai note, senza però lasciare che tali guide possano influenzare le nostre personali scelte. Ho sempre cercato di fare in modo che l’acquisto di un vino o anche semplicemente il piacere dopo un assaggio, non fosse guidato da pluripremiazioni o celebrazioni, ho invece cercato di creare una mia personale cultura che mi permetta di godere di un vino senza necessariamente che sia qualcun altro a stabilirlo.
Luigi Veronelli mi ha insegnato che per conoscere veramente un vino non è sufficiente berlo, occorre degustarlo (come i validissimi corsi AIS insegnano), conoscere le aziende e i luoghi dove le uve sono state coltivate, parlare con i i produttori, scoprire le loro idee, la passione e anche le fatiche che hanno portato quel vino a nascere e che quel vino sempre esprime.
Quindi è a Luigi Veronelli … e a voi, che spero apprezzerete tutto questo con me, che dedico la mia attività.
Quindi parlero di vini che rispettano un'idea che nasce da una domanda che mi è stata fatta da un produttore di Montalcino:
Cosa si intende per Vino dallo Stile Italiano?
Mi ha spiazzato!
 In giro per l’Italia, ho spesso ripensato a quello scambio di opinioni e ho concluso che, a mio umile parere, lo Stile Italiano è:
vini da monovitigno (dove la tradizione non ne prevede più di uno);
vini legati alla storia di un territorio;
vini specchio della natura di un territorio;
vini a volte difficili da comprendere;
vini che nel loro ciclo produttivo rispettino la natura;
vini con un uso sapiente del legno, che sia barrique o botte grande, basta che questa non ne stravolga la vera natura;
E nel mio piccolo cercherò di far conoscere  vini con queste caratteristiche.