mercoledì 21 settembre 2011

Quando un’idea diventa realtà!


Prima di tutto è giusto che spieghi cosa è questa associazione e per farlo uso le parole scritte da Salvo Foti “A Catania nel 1435 viene costituita la "Maestranza dei Vigneri". Questa importante associazione di viticoltori, operante sull'Etna, creò le basi per una professionalità vitivinicola di cui protagonisti erano gli stessi produttori-viticoltori.
Dopo 500 anni
, I Vigneri è una realtà operante sull'Etna ed in Sicilia orientale.
I Vigneri
è oggi il nome dell'azienda vitivinicola di Salvo Foti e di un gruppo di viticoltori autoctoni etnei, veri professionisti della vigna.
I Vigneri
è la sintesi di un’esperienza più che trentennale svolta in Sicilia Orientale, attraverso una ricerca storica, sociale e tecnica finalizzata ad una vitivinicoltura di "eccellenza". Cercando di utilizzare strumenti e sistemi non invasivi, nel rispetto, fin dove è possibile, della tradizione, dei propri antichissimi vitigni, senza apportare stravolgimenti enormi dettati da velleità, egoismi o onnipotenza. Lo spirito del lavoro e il piacere di ben lavorare e fare, senza frenesie, in armonia prima di tutto con se stessi e quindi con tutto quello che ci circonda: ambiente, natura, il vulcano Etna, di cui si è parte, non al di sopra. I Vigneri è anche un sistema organico di fare vitivinicoltura nel rispetto dell'ambiente in cui ci si trova.”

Per iniziare a parlare de I Vigneri riprendo la prima parte del post scritto il 20 gennaio 2011 su Chiara Vigo, che allora faceva sempre parte del consorzio. “ Nel 2009, in contemporanea al Vinitaly, si è svolta la manifestazione "VINO VINO VINO"  a cui hanno partecipato aziende appartenenti al " Gruppo Vini Veri; La Renaissance du Terroir etc...".  (Incuriositi ) Io e il mio amico Stefano decidiamo di andare a Verona a Villa Boschi . Dopo alcuni assaggi pessimi e altri straordinari ( tra cui Paolo Bea) ci avviciniamo ad un tavolo su cui sono esposte delle bottiglie curiose, borgognotte, con in rilievo  una vite ad alberello...... Incuriosito mi fermo ad osservare i nomi: Vinupetra; Vinudilice; Vinujancu; Il Cantante (il famoso vino prodotto da Mick Huknall dei Simply Red); Vigo Etna Rosso, della Fattoria Romeo del Castello. Sono tutti i vini riuniti ne I Vigneri, “consorzio” fondato dall’enologo Salvo Foti.
Li assaggio tutti e tutti mi sono sembrano straordinari, per la prima volta mi trovo ad assaggiare  vini siciliani così fini ed eleganti.
A servirli e a rappresentare tutti questi vini c'è una ragazza gentilissima, Chiara Vigo, proprietaria della Fattoria Romeo del Castello insieme alla mamma Rosanna (non presente quella volta). Mi parla del suo vino e della storia dell'etichetta, che per motivi legislativi legati alla Doc Etna  non ha potuto mettere sulla sua bottiglia, poi mi espone il suo progetto: creare un museo del vino in azienda, insomma una ragazza piena di idee “vulcaniche”.
 L’anno dopo, a maggio del 2010, deciso a scovare qualche vino siciliano adatto alla mia futura enoteca attoadivenire, mi tornano in mente quei vini straordinari degustati a Verona e decido di contattare direttamente il fondatore dei “I Vigneri”, Salvo Foti, che disponibilissimo mi invita ad andare a trovarlo sull’Etna.
Prenoto subito l’aereo e noleggio una macchina! Ad  aspettarmi quel giorno c’era Maurizio Pagano, l’agronomo ufficiale dei I Vigneri”.


È stata una giornata memorabile!
E’ proprio vero che l’Etna è l’isola nell’isola. Qui è presente una natura affascinante a partire dai magnifici colori dei pomodori coltivati negli orti, il profumo intenso dei fiori di origano e del basilico dell’Etna che ha l’apparenza di un timo o maggiorana dalle foglie molto piccole, gli alberi secolari di castagno, gelso, lecci, ulivi e la “Vite”, le lingue di lava che ormai solidificate disegnano paesaggi marziani e una luce splendida quasi abbagliante.
In questo paradiso terrestre Maurizio mi ha portato a vedere alcune delle vigne del consorzio I  Vigneri. Per la prima volta vedevo vigne così vecchie tutte a piede franco, vigne che vanno dai 50 ai 100 anni e più. Mi ricordo che dentro di me è nata una sensazione di enorme rispetto per queste piante che hanno attraversato più di un secolo e che ancora oggi accompagnano l’uomo con i loro frutti.
Maurizio mi spiega tutto, non finisce mai di parlare e mi colpisce la passione che traspare dalle sue parole, quasi come tutto questo fosse suo. Infatti, tutto questo era anche suo, è la filosofia di questo consorzio. ----
Maurizio mi racconta che lui non ha mai studiato agraria, ha appena la terza media ma è da quando ha sette anni che cammina tra le vigne, prima per gioco insieme a suo nonno, poi con suo padre, i quali hanno sempre coltivato la vite. Oggi, diventato uomo, curare queste vigne patrimonio dell’Etna e della Sicilia è la sua missione.
Mi racconta che quando Salvo Foti gli ha spiegato la prima volta la sua ‘idea’ lui si è messo a ridere pensando che fosse un po’ matto ma anno dopo anno, vedendo i risultati, si è ricreduto diventando partecipe di un progetto che ha creato un’economia sull’Etna capace di riavvicinare anche i giovani etnei alla viticoltura, giovani che in una regione bella ma difficile come la Sicilia non avevano un grande futuro.
Solo per fare un esempio il concime usato è quello di pecora comprato direttamente dai pastori etnei. Maurizio mi porta da uno di loro, Benito, un giovane pastore di una trentina d’anni. Mi spiega che lui raduna in un piazzale tutti gli escrementi delle pecore e parole sue lo “spazza” quindi lo distende e lo fa seccare al sole. Mi fa vedere un concime già pronto e mi invita a raccoglierne un po’ con le mani. Gli volevo dire: " ma che sei scem..” poi mi son fatto coraggio e ne ho raccolto un po’, non puzzava per niente e sembrava quasi terriccio un po’ meno grasso. Infine Benito aggiunge: “I vecchi pastori dell’Etna quando era freddo si sdraiavano sopra a questi cumuli ormai secchi perché molto caldi”.

La vigna de Il Cantante

Salutiamo Benito e mentre andiamo Maurizio mi spiega che il concime di pecora è il migliore perché non aggressivo e dal lento rilascio.
Dopo aver visto un paio di vigne di nuovo impianto coltivate ad alberello e legate con rafia naturale ad un palo di legno di castagno, secondo tradizione etnea, Maurizio mi porta nella vigna centenaria del Cantante, vigna che appartiene al famoso cantante dei Simply Red Mick Hucknall poi con il sorriso sulle labbra mi dice: “Ora ti faccio vedere la mia preferita” iniziamo a salire sulla montagna l’aria si fa più “frizzante” e da 800 mt di altitudine arriviamo a 1300 mt in agro di Bronte (Etna Nord) entriamo in un bosco di lecci secolari e ad un certo punto arriviamo in una piccola vigna delimitata dal bosco e da un muretto a secco, entriamo da un cancellino e mi trovo davanti una bellissima vigna secolare con viti di Grecanico (dal grappolo immenso), Minnella, Alicante ....Sullo sfondo la cima dell’Etna innevata. 
Ingressa d Vigna del Bosco(Ilice)


Vi giuro ho provato un’emozione immensa, sono rimasto senza parole per alcuni minuti, Maurizio mi spiega che da questa vigna nasce il Vinudilice (ilice=leccio), un rosato molto particolare dalle pochissime bottiglie, il suo vino preferito.


Ci soffermiamo un po’ e Maurizio mi spiega che non è possibile trattare queste vigne secolari con trattamenti chimici, ormai loro sanno come difendersi e quindi usano solo la calce, mi dice: "…Se io passassi qui con un antiparassitario le ucciderei tutte. Sarebbe come spingere una persona di 90 anni dalle scale!!”.

Grecanico
Minnella

Mi ricordo che a sentire quelle parole stando in quel luogo ho provato una sensazione di pace e lo so che può sembrare banale e retorico ma mi sono emozionato tanto che se non avesse vinto il mio imbarazzo avrei potuto anche piangere dalla gioia.
Quella è stata l’ultima tappa della visita insieme a Maurizio. Siamo scesi giù fino all’azienda di Chiara Vigo. Lì ci siamo salutati e lui mi ha abbracciato come si abbraccia un amico e sorridendo mi ha detto: "Quando vuoi venire basta che mi chiami!”.  
Qualche mese dopo è stato Foti a venirmi a trovare in Toscana per una serata degustazione che a detta dei presenti è stata bellissima, con tanto di proiettore e immagini illustrate dallo stesso Foti.
I vini di quella serata erano:
Bianco Pomice 2009 (Malvasia vinificata in secco, Carricante e Moscato Giallo su sabbie di pomice nell’isola di Lipari). Piacevolezza di beva 10 e lode!
Ante Etna Bianco 2009 (Carricante, Minnella e Grecanico) minerale, speziato, grande freschezza, giovane!
Vinudilice  2009 Frizzante, profumato, molto particolare non tutti lo hanno apprezzato…io si!
Etna Rosso 2009 (Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio vinificato senza refrigerazione e nessun affinamento in legno)Vino schietto e genuino di grande beva e profumi.
Nero Sichilli 2009 (Nero d’Avola di Pachino 100% nella bellissima riserva di Vendicari) un Avola morbido fruttato e speziato, forse il più ruffiano della serata ma con una bella freschezza e sapidità che lo discosta dai soliti Nero d’Avola diventati famosi negli happy  hour di qualche tempo fa….Autentico!
Suber 2009 (prodotto all’interno della Riserva Naturale Orientata del Bosco di Santo Pietro, Nero d’Avola, Alicante ed il Frappato chiamato in questa zona Nero Capitano, coltivato su sabbie rosse tra maestose querce di sughero) Scuro come l’inchiostro un vino  profumato, note terrose e minerali di gran corpo per niente ruffiano…ha messo tutti d’accordo.
Infine il fantastico Vinupetra 2008 anche Foti   alla cena mi disse a bassa voce: "Mi ricordavo che fu una grande annata e le uve erano bellissime ma min…(tipica espressione siciliana)”.
Un rubino bellissimo dalle eleganti trasparenze , complesso, strutturato, una freschezza e mineralità da vendere….secondo il mio umile parere un grande Vino!          

    

Il Ligabue dell’Amarone


Un pomeriggio di Agosto son partito insieme ad un mio caro amico per il Veneto, la nostra prima tappa San Pietro in Cariano, frazione Cengia, nel pieno della zona del Valpolicella Classico.
L’Azienda della famiglia Begali è molto piccola come piccola è la produzione, poco più di 20000 bottiglie. Ogni componente della famiglia ha un ruolo nell’azienda: papà Lorenzo e il figlio Giordano si occupano della vigna, la figlia Tiliana dell’amministrazione, e la mamma Adriana fa un po’ da jolly.
A riceverci quel giorno c’era Giordano, un ragazzone di una cortesia disarmante.
Prima ci porta nella Fruttaia, in quel periodo vuota perché le uve vengono lasciate appassire fino a Gennaio.  
L’azienda Begali non è né Biodinamica né Biologica ma Giordano ci spiega: “Chi ha poca vigna ed è veramente un contadino, cioè va tutti i giorni in vigna, ha la possibilità di poter prestare il massimo di attenzione alla vite. Chi ha un centinaio di ettari è normale che usi trattamenti chimici, diserbanti e quant’altro. Quella è industria!”.
Un pensiero molto sincero e importante poiché sembra che oggi si cavalchi troppo la moda del Biologico e Biodinamico anche da parte di grandi aziende della viticoltura.
Passati a vedere la cantina finalmente arriviamo alla cucina - sala degustazione, sì perché Giordano mi spiega che spesso è loro abitudine fare dei pranzi per chi viene in visita da loro, semplicemente perché a loro piace farlo.
Mentre Giordano apre le bottiglie l’occhio mi cade su quadro appeso come nulla fosse, lo guardo bene e non credo ai miei occhi e molto ingenuamente dico: ”Ma questo è un Ligabue?! (non il cantante ma il pittore)” e Giordano ridendo mi dice: “Sì se era un Ligabue lo tenevo lì così…no quello è un autoritratto di mio Padre fatto da un nostro amico di Verona che fa il pittore”. Incredibile il Sig. Lorenzo Begali è identico a Ligabue! E che figura che ho fatto!

Lorenzo Begali
Antonio Ligabue

Passiamo ai vini: il primo che ci serve è il Tigiolo 2006. Il nome di questo vino è composto dalle iniziali di  Tiliana, Giordano e Lorenzo, fatto con Corvina, Cabernet Sauvignon, Rondinella e Merlot, un vino creato per piacere ad un pubblico più internazionale ma ne è nato un autentico gioiellino dai profumi intensi e in bocca per niente banale o marmellatoso,  non lo dovrei dire ma è un vino pericoloso nel senso che finisci la bottiglia e quando te ne accorgi è troppo tardi.
Poi l’Amarone Classico 2006: un trionfo di spezie e frutta nera, veramente lungo e con una vivida freschezza, che per un Amarone non è poco!
Poi si passa al Ca’Bianca Amarone, ottenuto dalla vigna omonima Cru dell’azienda, una vigna splendida visitata dopo la degustazione su un colle di tufo molto ripido.
Un Grande Amarone (giovane), naso splendido di frutta nera, rosa appassita e spezie, grande struttura con adeguata acidità, un vino secondo me di grande longevità.
Dulcis in fundo il Recioto un vino da “chiacchiere” con gli amici che si lascia bere senza essere eccessivamente dolce e smielato.
Dopo l’assaggio di quest’ultimo vino il mio amico Alessandro, prendendomi un po’ in giro dice: "Non sarà il vero Ligabue ma nel fare il vino è un grande artista!”.       

      



 










martedì 20 settembre 2011

Bea-to chi lo beve!


Febbraio 2011. Decido di andare a trovare Giampiero Bea in azienda a Montefalco dopo un colloquio telefonico con lui. Era un venerdì mattina, il giorno dopo alle 10 in punto ero già in azienda, la curiosità era troppo forte!
Appena arrivato saluto Giampiero e sua moglie con il loro splendido bambino Paolo, sì Paolo Bea, proprio come il nonno e, spero, prossimo custode del Sagrantino della famiglia Bea.
Giampiero mi porta in cantina, una cantina bellissima progettata da lui stesso perché oltre ad essere un grande vignaiolo Giampiero è anche architetto. 


Giampiero è anche il presidente del consorzio dei Vini Veri, grande sostenitore di una viticultura ecosostenibile, con basso impatto ambientale ed una produzione di vini genuini. Un tempo insieme a Bea c’era anche Angiolino Maule, anche lui grande produttore, oggi presidente di Vin Nature.
 Questa loro divisione mi ha dato un gran dispiacere anche perché entrambi lottano per un unico scopo: produrre vini di qualità, legati al territorio e alla tradizione con pratiche di vinificazione senza uso della chimica e non aggiungo altro…..   



In cantina ho potuto assaggiare dei chicchi di Sagrantino in appassimento che Giampiero definisce veri e propri costituenti naturali, dei chicchi dolcissimi. La buccia del sagrantino è molto dura e va masticata a lungo prima di sciogliersi in bocca.
La vera sorpresa avviene però con l’assaggio da quattro botti diverse di Sagrantino ottenuto dalla Vigna Cru Cerreti, come la località dove è l’azienda Bea. Giampiero mi spiega che è una vigna proprio di fronte al Pagliaro (vigna del grande Sagrantino di Bea) con un terroir diverso da questa che secondo lui produrrà un Sagrantino più elegante.
L’annata era per tutte e quattro la 2010 . Nella prima botte vi era un vino un po’ chiuso e non molto complesso. Spacciato inizialmente da Bea come Sagrantino, non avendo la lavagnetta con scritto ‘vino attoadivenire…’, solo dopo la mia degustazione si svelerà come botte di Rosso di Montefalco (chissà se vero e proprio lapsus di Bea o ….. piccolo esame).



 Nella seconda la musica cambia, una bella complessità, tannino deciso con un finale un po’ amaro. Nella terza il vino era molto simile a quello della seconda ma forse con un finale più lungo mentre nell’ultima, dove giaceva il vino prodotto da una selezione di uve e di parti migliori della vigna, i profumi erano, secondo me, più eleganti, struttura e freschezza ancora molto decise ma ben bilanciate, il finale  lunghissimo, mi ha fatto pensare (anche se forse ancora troppo presto per dirlo) a un vino dal grande futuro.
… ci sarà da spettare ancora un po’ questo Sagrantino Cerrete ma sicuramente sarà un altro gioiello di Bea!
L’emozione più grande è stata però andare in vigna con il Sig. Paolo Bea .
La Vigna Pagliaro e Cerrete sono una di fonte alla’altra, vicino alla casa dei Bea, Vigne bellissime, soprattutto se si ha la fortuna di trovare una giornata come quella, con un cielo limpidissimo che permetteva di vedere i monti Sibillini (se non sbaglio).


Andare in vigna con Paolo Bea non è facile. Un uomo di 80 anni e passa che cammina più veloce di te tra i filari è un’esperienza un po’ imbarazzante.
Paolo Bea non è una persona che parla molto. Nei tre minuti di viaggio fatti per arrivare alla vigna non dice una parola, ma appena chiedo qualcosa delle sue vigne allora sí che parla!
In un simpatico dialetto umbro mi fa vedere i suoi carciofi tra le vigne e mi racconta di quando suo figlio in gioventù anni fa aveva avuto la cattiva idea di chiamare dei tecnici di potatura (non so il termine preciso) che praticavano un taglio troppo deciso e basso per le viti di Sagrantino, perché secondo loro avrebbero ottenuto una qualità maggiore. Parole testuali di Paolo Bea :”Li ho mandati via a calci! Cosa ne sanno loro di come si pota il Sagrantino!”.    Quel giorno vi assicuro non vorrei essere stato nei panni di Giampiero….


Quello è stato l’ultimo incidente di percorso, da quel giorno tutto è tornato come tradizione. È vero oggi Bea dispone di attrezzature diverse da quelle di 50 anni fa ma il modo di fare il vino è rimasto il solito di suo padre.
Oggi si parla molto di Naturale, Biologico, Biodinamico etc. ma la cosa più importante è la conservazione della nostra cultura contadina. Spesso si dice che i produttori che usano questi mezzi fanno dei vini grezzi e che ‘puzzano’ e in alcuni casi purtroppo è vero quando ti trovi di fronte a persone che, cavalcando un po’ questo momento in cui c’è più attenzione al naturale, non si preoccupano di raggiungere un ottimo livello di qualità nascondendo questi difetti dietro al fatto che sono vini “naturali”.
Voglio mettere invece in rilievo questo modo di fare il vino attraverso persone come Bea, che credono in questi valori perché innanzitutto amano la propria terra, amano le uve e vivono e lavorano duramente per trasmettere questi valori nei propri vini.
Parlando con Bea si percepisce tutta questa passione unita al rigore nell’inseguire la qualità attraverso pratiche che non violentino un territorio e le sue tradizioni.
Il Sagrantino Passito ne è forse la più esplicita dimostrazione. Giampiero mi ha confidato che negli ultimi anni produceva il Sagrantino passito non per una qualsiasi forma di guadagno, che traeva da altri vini con costi e sacrifici minori, ma perché è il vino che suo padre ha sempre fatto e vuole fare.
Sarebbe come togliere qualcosa a suo padre e a se stesso.

                       
Oggi chi ha un ristorante o un’enoteca sa della difficoltà di servire i vini dolci un po’ per le leggi e un po’ per ignoranza dei consumatori che sempre di più preferiscono prodotti più a buon mercato ma non autentici….E’ come comprare una bottiglia di sauternes a 20-30euro e magari d’annata, una botta di solfiti! Quello che con questo voglio sottolineare è che non valorizzare passiti autentici come il Sagrantino Passito di Bea è un vero e proprio delitto, perché quello è un vino che fa parte della gente di Montefalco, fa parte della loro storia e in un mondo dove spesso siamo sedati da cose superficiali e dove la nostra memoria storica è sempre più limitata nel tempo, vuol dire indebolire la nostra cultura, innanzitutto contadina!