domenica 3 ottobre 2010

ARTURO PELIZZATTI PEREGO, UN UOMO DI IERI, UN VINO DEL DOMANI?

Voglio parlarvi di un vero Vigneron, Arturo Pelizzatti Perego, uno degli uomini che hanno fatto tanto per la sua terra (Valtellina) e che purtroppo oggi mancano  nel nostro paese. Arturo nasce e vive in Valtellina, bellissima e aspra terra, decantata ultimamente in uno splendido documentario di Ermanno Olmi, che si chiama "Rupi del Vino" e che vi consiglio di vedere. Ho ripreso al storia dal sito dell'azienda .....spiega benissimo il valore di quest'uomo:" La storia di quest'uomo inizia nel dicembre 1973: il padre di Arturo, il Sig. Guido, muore di un brutto male. A causa di contrasti familiari legati all'eredità, Arturo è costretto a vendere la sua azienda, che all'epoca era una delle più grandi in Valtellina con ben 80 ettari, insieme al marchio di famiglia e alle cantine a Winefood, gruppo a capitale svizzero-americano che acquisì in conduzione anche le vigne. Forse, però, la sofferenza più grande doveva ancora arrivare. Arturo non lasciò fisicamente i suoi vigneti, continuò a seguirli alle dipendenze di Winefood. Per lui era stato individuato il ruolo di responsabile della produzione, ma di fatto non riuscì mai a ricoprire quell’incarico come voleva. Fu costretto ad assistere passivamente allo sconvolgimento delle sue idee di viticoltura e a vedere compromessa la stessa fama dei vini Pelizzatti, presto diventati prodotti di massa senza più rispettare, ad esempio, alcun rigore nell’affinamento. La rivoluzione moderna era giunta anche in Valle. E nel confronto con il nuovo mercato, i vini di Valtellina finivano nel calderone generale faticando a farsi riconoscere. A quel punto l’unica strada percorribile sembrò l’abbandono del mondo del vino. Arturo ci provò: lasciò il suo impiego da Winefood e cercò altro. Ma non poté ingannarsi. Nel 1983 mise in atto il suo piano: riprendere possesso dei vigneti e tornare a riempire le cantine sparse nel centro di Sondrio. Winefood nel frattempo non se l’era passata troppo bene e le vigne erano passatte niente meno che al Gruppo Italiano Vini. Nonostante questo Arturo è riuscito a recuperare una discreta superficie di vigneti e rientrare in possesso anche delle cantine utilizzate per l’affinamento al “Buon Consiglio”, sotto ai vigneti di Grumello. Un'operazione non facile, infatti furono molti i tentativi per ostacolare l'impresa. Nel 1987 le cantine volute da papà Guido diventarono nuovamente il quartier generale della famiglia Pelizzatti Perego. Serviva però un nome, perché il marchio di famiglia restava in mani altrui. Si fece ricorso alle iniziali del fondatore, Arturo Pelizzatti Perego: azienda diventò Ar.Pe.Pe. A quale Arturo riferirsi? Da una parte Arturo, padre di Guido, aveva fondato l’azienda, dall’altra il nipote l’aveva fatta rinascere. Ognuno può liberamente interpretare. Riprendere non è uno scherzo. C’è da lavorare sul fronte della credibilità. Arturo, di fronte a questa sfida, mette in campo tutta la tenacia delle sue convinzioni. È disposto al rischio, ma non al compromesso e, al di là di ogni presunzione, si mostra sicuro di sé e rigido verso ogni condizionamento esterno. Per questo le sue idee sono bollate come eresie enologiche. Attraverso la sua nostalgica cocciutaggine, Arturo mira al superamento dell’idea di mediocrità dei vini valtellinesi, al ritrovamento della loro anima perduta; il perno della logica di produzione sta, secondo Arturo, nel giusto tempo di attesa. Per sei anni consecutivi i terrazzamenti a nord di Sondrio producono e per sei anni il vino entra nelle botti del “Buon Consiglio”, senza che ne esca una sola bottiglia. Per le prime vendite del Sassella Rocce Rosse bisognerà attendere fino al 1990.  Il tempo è realmente la via migliore per fare emergere le potenzialità del terroir? Il “purista” Arturo ha dato la sua risposta con i fatti. Aspettando e difendendo l’integrità del Nebbiolo, scartando la dolcezza dei passiti, chiudendo le porte alle mode. Così Arturo è diventato un viticoltore anacronistico, bersaglio di facili critiche da parte dei colleghi più sensibili alle esigenze del marketing. Impossibile, per di più, accettare e comprendere un simile immobilizzo di capitale, che ritardava il profitto e faceva schizzare in alto il prezzo finale della bottiglia. Tuttavia in casa Pelizzatti Perego non c’era intenzione di trattare con i modernisti, c’era piuttosto il pensiero di recuperare un credito perduto, peraltro in un clima di confusione tra i due marchi di famiglia. Di questi, il più antico, finito nelle mani del Gruppo Italiano Vini, non sarebbe mai rientrato a casa. I Pelizzatti Perego, invece, erano tornati. Passano venti anni dalla nascita di Ar.Pe.Pe. e trenta dalla morte di Guido; Arturo non è più solo. La quinta generazione “viticola” dei Pelizzatti Perego è pronta a entrare in un’azienda avviata verso la graduale riconquista degli spazi perduti. Due figli di Arturo, Isabella ed Emanuele, decidono di affiancare il papà nella conduzione aziendale (Guido, il secondogenito, intraprende invece un’altra strada pur collaborando con i fratelli nell'ambito della comunicazione). Arturo ha poco più di sessant’anni e ancora tanta esperienza da tramandare. Ma nel 2004 il suo tempo è scaduto. Come papà Guido anch’egli scompare a dicembre, anch’egli dello stesso male. Ar.Pe.Pe. è privato del suo fondatore. Oggi alla guida dell'azienda ci sono ancora Isabella, che si occupa della cantina ed Emanuele che lavora la vigna, convinti ed orgogliosi di un padre che forse fisicamente non c'è più ma che tramite il suo pensiero vive ancora con loro e i vini dell'azienda ne sono espressione. "




E vi assicuro che io, che sono stato in Valtellina in visita all'azienda, ho potuto conoscere Isabella ed Emanuele, ho visto le vigne e assaggiato per la prima volta i loro vini  ho capito perchè questa famiglia produce vino da più di cento anni.

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