martedì 20 settembre 2011

Bea-to chi lo beve!


Febbraio 2011. Decido di andare a trovare Giampiero Bea in azienda a Montefalco dopo un colloquio telefonico con lui. Era un venerdì mattina, il giorno dopo alle 10 in punto ero già in azienda, la curiosità era troppo forte!
Appena arrivato saluto Giampiero e sua moglie con il loro splendido bambino Paolo, sì Paolo Bea, proprio come il nonno e, spero, prossimo custode del Sagrantino della famiglia Bea.
Giampiero mi porta in cantina, una cantina bellissima progettata da lui stesso perché oltre ad essere un grande vignaiolo Giampiero è anche architetto. 


Giampiero è anche il presidente del consorzio dei Vini Veri, grande sostenitore di una viticultura ecosostenibile, con basso impatto ambientale ed una produzione di vini genuini. Un tempo insieme a Bea c’era anche Angiolino Maule, anche lui grande produttore, oggi presidente di Vin Nature.
 Questa loro divisione mi ha dato un gran dispiacere anche perché entrambi lottano per un unico scopo: produrre vini di qualità, legati al territorio e alla tradizione con pratiche di vinificazione senza uso della chimica e non aggiungo altro…..   



In cantina ho potuto assaggiare dei chicchi di Sagrantino in appassimento che Giampiero definisce veri e propri costituenti naturali, dei chicchi dolcissimi. La buccia del sagrantino è molto dura e va masticata a lungo prima di sciogliersi in bocca.
La vera sorpresa avviene però con l’assaggio da quattro botti diverse di Sagrantino ottenuto dalla Vigna Cru Cerreti, come la località dove è l’azienda Bea. Giampiero mi spiega che è una vigna proprio di fronte al Pagliaro (vigna del grande Sagrantino di Bea) con un terroir diverso da questa che secondo lui produrrà un Sagrantino più elegante.
L’annata era per tutte e quattro la 2010 . Nella prima botte vi era un vino un po’ chiuso e non molto complesso. Spacciato inizialmente da Bea come Sagrantino, non avendo la lavagnetta con scritto ‘vino attoadivenire…’, solo dopo la mia degustazione si svelerà come botte di Rosso di Montefalco (chissà se vero e proprio lapsus di Bea o ….. piccolo esame).



 Nella seconda la musica cambia, una bella complessità, tannino deciso con un finale un po’ amaro. Nella terza il vino era molto simile a quello della seconda ma forse con un finale più lungo mentre nell’ultima, dove giaceva il vino prodotto da una selezione di uve e di parti migliori della vigna, i profumi erano, secondo me, più eleganti, struttura e freschezza ancora molto decise ma ben bilanciate, il finale  lunghissimo, mi ha fatto pensare (anche se forse ancora troppo presto per dirlo) a un vino dal grande futuro.
… ci sarà da spettare ancora un po’ questo Sagrantino Cerrete ma sicuramente sarà un altro gioiello di Bea!
L’emozione più grande è stata però andare in vigna con il Sig. Paolo Bea .
La Vigna Pagliaro e Cerrete sono una di fonte alla’altra, vicino alla casa dei Bea, Vigne bellissime, soprattutto se si ha la fortuna di trovare una giornata come quella, con un cielo limpidissimo che permetteva di vedere i monti Sibillini (se non sbaglio).


Andare in vigna con Paolo Bea non è facile. Un uomo di 80 anni e passa che cammina più veloce di te tra i filari è un’esperienza un po’ imbarazzante.
Paolo Bea non è una persona che parla molto. Nei tre minuti di viaggio fatti per arrivare alla vigna non dice una parola, ma appena chiedo qualcosa delle sue vigne allora sí che parla!
In un simpatico dialetto umbro mi fa vedere i suoi carciofi tra le vigne e mi racconta di quando suo figlio in gioventù anni fa aveva avuto la cattiva idea di chiamare dei tecnici di potatura (non so il termine preciso) che praticavano un taglio troppo deciso e basso per le viti di Sagrantino, perché secondo loro avrebbero ottenuto una qualità maggiore. Parole testuali di Paolo Bea :”Li ho mandati via a calci! Cosa ne sanno loro di come si pota il Sagrantino!”.    Quel giorno vi assicuro non vorrei essere stato nei panni di Giampiero….


Quello è stato l’ultimo incidente di percorso, da quel giorno tutto è tornato come tradizione. È vero oggi Bea dispone di attrezzature diverse da quelle di 50 anni fa ma il modo di fare il vino è rimasto il solito di suo padre.
Oggi si parla molto di Naturale, Biologico, Biodinamico etc. ma la cosa più importante è la conservazione della nostra cultura contadina. Spesso si dice che i produttori che usano questi mezzi fanno dei vini grezzi e che ‘puzzano’ e in alcuni casi purtroppo è vero quando ti trovi di fronte a persone che, cavalcando un po’ questo momento in cui c’è più attenzione al naturale, non si preoccupano di raggiungere un ottimo livello di qualità nascondendo questi difetti dietro al fatto che sono vini “naturali”.
Voglio mettere invece in rilievo questo modo di fare il vino attraverso persone come Bea, che credono in questi valori perché innanzitutto amano la propria terra, amano le uve e vivono e lavorano duramente per trasmettere questi valori nei propri vini.
Parlando con Bea si percepisce tutta questa passione unita al rigore nell’inseguire la qualità attraverso pratiche che non violentino un territorio e le sue tradizioni.
Il Sagrantino Passito ne è forse la più esplicita dimostrazione. Giampiero mi ha confidato che negli ultimi anni produceva il Sagrantino passito non per una qualsiasi forma di guadagno, che traeva da altri vini con costi e sacrifici minori, ma perché è il vino che suo padre ha sempre fatto e vuole fare.
Sarebbe come togliere qualcosa a suo padre e a se stesso.

                       
Oggi chi ha un ristorante o un’enoteca sa della difficoltà di servire i vini dolci un po’ per le leggi e un po’ per ignoranza dei consumatori che sempre di più preferiscono prodotti più a buon mercato ma non autentici….E’ come comprare una bottiglia di sauternes a 20-30euro e magari d’annata, una botta di solfiti! Quello che con questo voglio sottolineare è che non valorizzare passiti autentici come il Sagrantino Passito di Bea è un vero e proprio delitto, perché quello è un vino che fa parte della gente di Montefalco, fa parte della loro storia e in un mondo dove spesso siamo sedati da cose superficiali e dove la nostra memoria storica è sempre più limitata nel tempo, vuol dire indebolire la nostra cultura, innanzitutto contadina!



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